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Le proposte di test psicologici per i giudici in Italia

La recente proposta di introdurre test psico-accademici per giudici e pubblici ministeri ha acceso dibattiti tra i poteri statali e gli operatori del diritto. Ma quali sono le ragioni di questa proposta e perché suscita tanto scalpore?

Il 26 marzo 2024 il Consiglio dei ministri, presieduto da Giorgia Meloni su proposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio, ex pubblico ministero, ha approvato un decreto che si inserisce nel quadro della riforma della magistratura ( Atto delegato 17 giugno 2022, n. 71). ), che introduce test psicoattitudinali per i concorsi per futuri giudici e pubblici ministeri. A partire dal 2026, quindi, sarà effettuato un test psicologico per valutare la personalità dei candidati. Il test è composto da diverse domande a cui rispondere vero o falso che mirano anche a valutare la stabilità emotiva dei candidati.

I risultati dei test psicologici saranno esaminati da professori universitari di materie psicologiche nominati dall'organo di autogoverno della magistratura, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). I professori di psicologia, però, saranno presenti solo in funzione di supporto.

La bozza definitiva del decreto legislativo si discosta significativamente dalla proposta originaria, che prevedeva che gli esperti fossero nominati dal Ministro della Giustizia e non dal CSM. Secondo il governo il test psicoattitudinale è necessario per capire la compatibilità della personalità dei candidati con l'importante ruolo che andranno a ricoprire. Analoga prova è prevista per altri percorsi professionali come quelli che coinvolgono le Forze Armate e la Polizia di Stato. La recente proposta ha però scatenato molte polemiche tra il governo e l'Associazione nazionale magistrati, l'organismo rappresentativo e apolitico che raggruppa i magistrati italiani. E questo nonostante il testo finale abbia accolto alcune obiezioni sollevate dall'opposizione e dalla magistratura per evitare un eccessivo controllo da parte del Ministero.

L'antico dibattito italiano sulla magistratura

Il dibattito, spesso anche scontro aperto tra politica e magistratura, ha radici piuttosto remote in Italia. Dietro di loro c’è il rapporto generale tra politica e sistema giudiziario.

Tutto ebbe inizio tra il 1992 e il 1994, quando lo scandalo “Tangentopoli” scosse la politica nazionale. In quell’occasione il pool di magistrati denominato “Mani Pulite” avviò un’indagine su un sistema di concussione e corruzione che colpì quasi tutte le forze politiche italiane, ponendo fine alla cosiddetta “Prima Repubblica” e alla principali partiti tradizionali del paese.

Questo scontro si è evoluto negli anni e ha condizionato l’opinione pubblica del Paese. Esiste una polarizzazione tra chi ha sempre difeso l’operato della magistratura e chi ritiene che i giudici spesso perseguano fini politici (si è parlato di “ toghe rosse” o di “ giustizia a orologeria ”).

Il dibattito è stato alimentato dalle frequenti nomine politiche di ex magistrati, a cominciare da quelli del pool “Mani Pulite”, che hanno spinto gli oppositori di questo fenomeno a proporre tentativi di riforma del sistema giudiziario.

Tra questi figurano numerosi tentativi di realizzare la separazione delle funzioni, richiesta ininterrottamente da 30 anni. Ciò impedirebbe ai giudici di cambiare funzione e di passare dal giudicare all'investigare o viceversa nel corso della loro carriera. Ciononostante, ciclicamente si presenta anche la proposta di separare le carriere con due diversi concorsi per giudici e pubblici ministeri e due diversi organi di autogoverno.

Più recentemente, si è tentato di riformare il sistema giudiziario abrogando alcune disposizioni attraverso il referendum del 12 giugno 2022. In quell'occasione sono state proposte agli elettori cinque diverse domande, tra cui quelle che avrebbero comportato la separazione delle funzioni e alcune modifiche al sistema giudiziario. le elezioni dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura.

Sebbene la maggior parte degli elettori abbia approvato la proposta, non è stata raggiunta la maggioranza degli elettori necessaria per la validità del referendum.

Il CSM è al centro del dibattito politico anche dopo un recente scandalo riguardante le “ correnti ” politiche all'interno della magistratura e come queste incidono sulle nomine dei giudici e sul rapporto tra giudici, politica e stampa. Per questo motivo si è proposto di modificare le modalità di elezione dei membri dell'organo di autogoverno, proponendo addirittura il sorteggio anziché l'elezione.

Elementi di legittimità costituzionale

Al di là delle questioni della politica e dell’opinione pubblica, sono diversi gli aspetti del diritto costituzionale da valutare nel rapporto tra la politica, in particolare il potere esecutivo, e il potere giudiziario rappresentato dalla magistratura, sempre intesa come insieme di giudici e pubblici ministeri.

L'articolo 101 della Costituzione italiana sancisce il principio dell'indipendenza del giudice, il quale deve esercitare la sua funzione sotto il vincolo esclusivo della legge; Si tratta di un principio cardine dello Stato di diritto, al quale fa seguito il principio dell'indipendenza del potere giudiziario nel suo insieme.

L'articolo 104 della Costituzione sancisce che la magistratura è un ordinamento autonomo e indipendente da ogni altro potere e che il Consiglio Superiore della Magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Negli articoli successivi (105-110) stabilisce i principi sui magistrati, sottolineando l'autorganizzazione del potere fuori dal controllo del potere esecutivo del governo.

Per questi motivi, ogni ingerenza della politica in ciò che riguarda il Consiglio superiore della Magistratura , che la Costituzione pone a garanzia dell'autonomia della magistratura, può essere interpretata come una violazione di tali principi e della separazione dei poteri.

La prima formulazione del decreto legislativo, secondo la quale gli psicologi della commissione giudicatrice sarebbero nominati dal governo e il ministro della Giustizia supervisionerebbe gli esami, avrebbe destato serie preoccupazioni. Un sistema del genere avrebbe sicuramente leso l'autonomia della magistratura, che non era in grado di essere indipendente anche nella scelta dei futuri magistrati. In quel caso la Corte Costituzionale, se chiamata in causa, avrebbe certamente dichiarato incostituzionali le norme.

Il testo finale, invece, che lascia la scelta degli esperti al CSM e tutte le decisioni sulla selezione dei nuovi sindaci giudiziari alla commissione gara con una valutazione complessiva di tutte le prove, pone meno problemi dal punto di vista della legittimità .

Poiché tale disposizione è contenuta in un decreto legislativo del governo, che deve seguire i principi guida e i criteri indicati dal Parlamento nella delega legislativa, alcuni hanno sollevato dubbi sul rispetto della delega; sul punto, infatti, non sembrerebbe reggere un giudizio di legittimità costituzionale, perché in questo caso non c'è un'esplicita previsione della delega violata dalla proposta del governo.

In definitiva, nonostante le modifiche, il decreto non cessa di creare dibattito e perplessità dal punto di vista dell'utilità pratica e del significato politico. Nel frattempo, l'Associazione dei magistrati ha rinviato uno sciopero nazionale sperando in ulteriori cambiamenti prima dell'entrata in vigore del test nel 2026.

Mettere alla prova giudici e pubblici ministeri

L'introduzione del test ha un significato più politico che pratico. I proponenti hanno giustificato il test alla luce di altre professioni e di altri ordinamenti giuridici. Il test conosciuto con il nome “Minnesota” sarebbe quello che valuta la personalità degli individui ma su cui anche la comunità accademica degli psicologi non sembra essere d' accordo . Inoltre, i concorsi che prevedono una prova psicoattitudinale non riguardano organi dotati di autonomia e indipendenza (soprattutto dal governo) come la magistratura. In Francia, i test attitudinali e di personalità erano stati introdotti nel 2009 ma sono stati considerati non necessari e aboliti nel 2017.

Si potrebbe allora sostenere che, poiché è necessario che un magistrato sia psicologicamente idoneo per svolgere le proprie funzioni, allora avrebbe più senso prevedere una valutazione periodica dei giudici effettuata dallo stesso CSM.

Come è emerso dal dibattito, questo sembra piuttosto un altro capitolo del lungo scontro italiano tra politica e magistratura, dove l'una cerca di prevalere sull'altra e di conquistare il favore del pubblico.

Questa riforma non riguarda il sistema giudiziario, che spesso è troppo lento e macchinoso. Si tratta piuttosto di una conseguenza dei recenti scandali riguardanti questioni “politiche” all’interno della magistratura che hanno minato la figura dei giudici nella visione popolare. Una delle soluzioni proposte sarebbe quella di separare i percorsi di carriera dei giudici e dei pubblici ministeri. Tuttavia, bisognerebbe fare i conti con la prospettiva di rendere i pubblici ministeri controllabili dal governo, attraverso il ministro della Giustizia, o che un eventuale organo di autogoverno riservato ai soli pubblici ministeri non favorirebbe una nuova casta.

Il sistema giudiziario potrebbe essere migliorato in vari modi. Qualsiasi riforma dovrebbe avere al centro il buon funzionamento del potere statale con l’obiettivo di garantire la giustizia. Ciò a cui assistiamo ora sono battaglie politiche.


Questa è la traduzione automatica di un articolo pubblicato su Verfassungsblog all’URL https://verfassungsblog.de/psychological-tests-for-judges-in-italy/ in data Fri, 14 Jun 2024 10:50:15 +0000.